I giorni passavano in un clima di fattiva serenità

di Filippo Silvestri
Rionero in Vulture 29 Novembre 1980. Sono circa le 8.00.

«Bene, allora, Gianni tu e altri sei prendete i picconi e con due macchine andate al comune.» «Che dobbiamo fare?»  «Prima bisogna recuperare tutta la documentazione dall'anagrafe, l’edificio è pericolante, poi dovreste andare a una scuola, vanno buttate giù alcune pareti pericolanti.»

Solo a quell'ipotesi in diversi si fanno avanti, beh, a quei tempi tra le pareti scolastiche e la sinistra rivoluzionaria non correva buon sangue. Ma a Rionero non è proprio così, è dalla sera prima che una sessantina di militanti dell’MLS, venuti da tutta Italia come volontari, sono acquartierati tra le pareti del liceo classico: il simpaticissimo preside, autentico intellettuale del profondo Sud con tanto di barba e occhialini, è un nostro militante… insomma ci ha dato le chiavi dell’istituto e noi ne abbiamo preso possesso.

Pur essendo appena arrivati abbiamo già rigorose direttive, non dobbiamo consegnare nulla al singolo cittadino, ma solo al comune che poi provvederà alla distribuzione dei beni di prima necessità. Beni di prima necessità, bah, eravamo ancora all'epoca dei pannolini, quando nei paesi colpiti sia dai terremoti che dalla natalità zero, a ogni sisma arrivavano tir e tir di pannolini per neonati. Comunque qualcosa di utile arrivava, già la sera prima avevamo scaricato centinaia tra vanghe, picconi, zappe e altro, e poi anche un intero camion di latte a lunga conservazione.

I primi contatti con i vigili urbani e gli altri locali non erano stati idilliaci, prima avevamo dovuto inseguire un tre ruote per recuperare un centinaio di picconi che un contadino aveva trafugato, poi avevamo lottato contro una dozzina di ferocissime vecchie che volevano fare incetta del latte e poi... poi ero intervenuto per difendere dagli insulti di un bruto locale una compagna che si era lasciata sfuggire un cartone di latte, in quel momento lei era vulnerabile, un po' di latte si era versato per terra. All'idioma lucano avevo contrapposto il mio accento barese. Lei, la compagna dai lunghissimi capelli biondi e dagli occhi celesti era bellissima, da togliere il fiato, il bruto no. Vito era a Rionero già da un paio di giorni, lì aveva preso contatto con il preside e aveva organizzato la nostra permanenza “Vedrai” mi aveva detto. Arrivati al liceo, gli occhi di Vito, per quanto stanchi, brillano, anche i nostri: un cortile enorme dove far parcheggiare i TIR, una palestra ciclopica per immagazzinare viveri e altro, interi piani di classi a nostra disposizione dove poter sistemare i sacchi a pelo…


'' ... ricordo il grigio delle macerie e di essermi perso, proprio perso senza saper tornare indietro. Mi guardavo intorno e vedevo solo quella devastazione, nessun rumore tranne il vento. ... ''


Beh, sto raccontando, e non mi va di omettere i pensieri di un ventenne capellone barese già cotto dallo sguardo di quella compagna, lei poi era di Milano, quindi: MLS DOC. Ricordo ancora il tempismo, e il gesto, con il quale srotolai il mio sacco a pelo accanto al suo. Durante la notte qualche parola, appena sussurrata tra il russio generale: il suo tenero “sai, non sono una di quelle… ” mi ha accompagnato per anni. Tutti e due “uscivamo” da una qualche intricata storia e in un' atmosfera degna del miglior Guccini ci innamorammo… bello, eh! vabbè, ma torniamo al terremoto. Ore 10.30. «Che roba è questa?» «Noi sappiamo solo che ci hanno detto di lasciarla qui, è stata ordinata dall’Università di Bari, passeranno loro a prenderla.» « D’accordo, scaricateli sotto le scale, ma che roba è?»  «Formalina, sono otto fusti da 50 litri di formalina, vuole firmare?»  «Io non firmo niente, vedetevela voi e l’università.» Con consumata abilità in due fanno rotolare i fusti verso le scale, mi rivolgono un ultimo sguardo con la ricevuta in mano… niente da fare, andranno via senza nessuna firma. «Bene, la nostra squadra è pronta.» Sono in otto, a parlare è un nostro militante, un medico, sarà lui a guidare il resto dei compagni verso Santomenna, uno dei paesi completamente rasi al suolo. Partono, decine di chilometri in una vera e propria terra di nessuno.

A Rionero il terremoto ha fatto poche vittime, ma in alcuni paesi ha colpito duramente, il gruppo che parte è composto da compagni che hanno una qualche esperienza con… con cosa non lo sapevamo neanche noi, però ricordo che al loro ritorno ascoltavamo un terribile elenco.  “io oggi ne ho trovati tre” “e io quattro”. L’infermiere una volta ne aveva trovati otto cadaveri. Solo una volta sono andato anch'io in uno di quei paesi distrutti, ricordo il grigio delle macerie e di essermi perso, proprio perso senza saper tornare indietro. Mi guardavo intorno e vedevo solo quella devastazione, nessun rumore tranne il vento. Corsi a perdifiato sino a ritrovare i compagni, e poi il ritorno a sera inoltrata. Dall'auto stipata i fari illuminavano le angoscianti macerie di piccolissimi paesi, e per giunta la radio trasmetteva la ciaccona di Bach, uno struggente violino che sottolineava la tragicità di quella catastrofe che nel buio si mostrava ai nostri occhi. Unica concreta consolazione, vabbè, l’avete capito. Lei era più che MLS DOC, era una compagna molto coinvolta nei servizi d’ordine, avevamo legato anche su questo, fu solo dopo qualche giorno che scoprii che quegli stronzi dei compagni l’avevano soprannominata Ulla.


Donato - Dai disegni dei bambini ospiti nel Palazzetto dello Sport di Rionero


'' ... Beh, i ricordi sono tanti, ma sul web la lettura è qualcosa di veloce. Non così veloce sarà la storia d’amore dei due giovani compagni, mesi intensi tra Milano, Roma e Bari ...''


In ogni caso i giorni passavano in un clima di fattiva serenità, interrotta dai soliti disguidi organizzativi – leggi diverse opinioni sul da farsi – ah, il clima: faceva un freddo cane. Però c’era la cioccolata – parlo di cacao!-. Una montagna di tavolette di cioccolata: con le nocciole, al latte, bianca, fondente, ripiena. Sotto i nostri deliziati occhi un camion era arrivato da chissadove con quel carico pazzesco subito messo sotto chiave nella palestra. Quasi fosse la chiave del paradiso, anzi ancora più preziosa, quella chiave era perennemente infilata nella tasca dei miei jeans, le cronache riportano che "per un paio di giorni un terribile mal di pancia afflisse la truppa”. E poi in quanti possono ricordare di aver fatto l’amore sopra, in mezzo, e forse anche sotto intere balle di cioccolata? bello, eh! vabbè, torniamo al terremoto. Terremoto che una notte torna a farsi sentire: panico tra tutti noi, ma anche risate, c’è Vito che non riesce ad aprire la cerniera del sacco a pelo… nessuno se n'è accorto, tutti giù per le scale mentre lui si rotola sul pavimento, lui si incazza ma poi sarà il primo a riderci sopra.

Un giorno, un potentissimo clacson attira la nostra attenzione. Quattro enormi Tir con rimorchio attendono di entrare. Da uno dei TIR scende un gigante: alto due metri, anfibi, tuta militare e tanto di baionetta alla cintura. Sono tedeschi, nessuno capisce cosa trasportino, parcheggiano nel cortile e poi si comincia a scaricare: pannolini, pannolini e ancora pannolini, poi vestiti usati e birra, ma quest'ultima è la loro riserva personale. Al secondo TIR gli spieghiamo che questo materiale non serve, ma per tutta la giornata otto tedeschi in tenuta paramilitare imperverseranno nel liceo, qualche compagna segnala di essere stata seguita mentre andava in bagno. La sera io e Vito tentiamo di spiegare ai “tedeschi” che devono andare via, possono dormire nei camion fuori dal liceo, ma nel frattempo i “tedeschi” si sono accomodati alla nostra lunga tavolata, sono già un po’ alticci, poi d’improvviso, il capo si alza e si esibisce in un perfetto saluto nazista. Sì, non ci sarebbe voluto molto a capirlo, ma per tante cose eravamo davvero ingenui, forse anche un po’ ignoranti, comunque tir e neonazisti sparirono nel giro di un’oretta.

Un pomeriggio l’inconfondibile sagoma di un noto docente universitario apparve nell'atrio del liceo. «Ah, questi sono per me, forza su, metteteli sul furgone. » subito un paio dei suoi accompagnatori, gente un po’ cupa, si diedero da fare per caricare i fusti di formalina. Un professore di anatomia, centinaia di litri di formalina, un terremoto: un mistero che non ho mai voluto approfondire.

Beh, i ricordi sono tanti, ma sul web la lettura è qualcosa di veloce. Non così veloce sarà la storia d’amore dei due giovani compagni, mesi intensi tra Milano, Roma e Bari


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